Parkour, freerunning, A.D.D. (Art Du Deplacement), sono molti i nomi con cui si fa riferimento a questa disciplina, uno però è il concetto alla base: la liberta di movimento.
Ti è mai capitato di arrampicarti su un albero o saltellare tra i sassi di un fiume? Superare un muretto con un salto? O scavalcare una staccionata al grido di “Oliooo cuoreee”? Anche questo è parkour!
Il parkour è infatti una disciplina che permette di muovere agilmente il proprio corpo nell’ambiente, creare percorsi con l’immaginazione e superare ostacoli sia fisici che mentali, permettendo un’evoluzione in pieno stile “Mens sana in corpore sano”.
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Partiamo allora insieme per un viaggio fino alle origini del parkour, per scoprire da dove nascono la libertà di movimento e di pensiero che caratterizzano questa disciplina sportiva.
Un passo indietro: dall’educazione fisica alla nascita del parkour
Prima di parlare della nascita del parkour dobbiamo parlare di George Hébert, studioso e insegnante francese di educazione fisica teorica e pratica della prima metà del ‘900. (se vuoi approfondire ti lascio qui un link)
Strabiliato dal livello di sviluppo fisico delle popolazioni indigene africane, elaborò un metodo di allenamento basato sulle 10 capacità indispensabili in un contesto naturale. Questo comprendeva: marcia, corsa, salto, quadrupedia, arrampicata, equilibrio, lancio, sollevamento, combattimento e nuoto.
Successivamente Hébert elaborò un metodo di allenamento specifico, il “percorso del combattente”, una corsa ad ostacoli a cui sottoporre le milizie. Il motto era:
“Be strong to be useful”
Cit. George Hébert
I primi anni del parkour: gli Yamakasi
Inizialmente la pratica nacque come forma di allenamento creativo tra amici che iniziarono ad allenarsi sperimentando efficienza, creatività e adattabilità in percorsi tracciati tra le strutture urbane insieme ad altri coetanei. Alcuni tra questi: Sebastian Foucan, Stephane Vigroux, Yann Hnautra, David Malgogne, David Belle, Chau Belle-Dinh, Frederic Hnautra, Laurent Piemontesi, Malìk Diouf e Williams Belle.
Così, allenandosi insieme e singolarmente, contribuirono allo sviluppo embrionale del parkour. Stephane Vigroux ad esempio sviluppò il “saut de chat”, poi tradotto in inglese come “King Kong Vault” e in una sua variante come “Monkey Vault”, mentre a Yann Hnautra si deve la rigorosa disciplina e il metodo di allenamento.
È così che da divertimento per ragazzi annoiati, si trasformò prima in una sfida fisica e mentale e poi in una vera e propria disciplina, ricca di ispirazioni tratte ad esempio dal Taoismo grazie ai lavori di Bruce Lee. La disciplina, maturata assieme ai fondatori, si vestì dei connotati di fisicità e funzionalità tipici delle antiche discipline.
Il gruppo decise di chiamarsi Yamakasi, parola che in Lingala significa “uomo forte, spirito forte” e soprannominò la disciplina Art Du Deplacement.
Il grande salto avanti: il parkour all’apice del successo
Attorno all’età di 15 anni iniziarono con i “grandi salti”, sviluppando così le tecniche fondamentali: volteggi, salti, arrampicate e rolls. Furono proprio questi “grandi salti” ad attirare l’attenzione dei media e dell’opinione comune, nonostante gli esperti praticanti minimizzassero il significato degli aspetti più spettacolari dell’A.D.D. (Art Du Deplacement). In seguito iniziarono a nascere gli effetti collaterali di una disciplina nuova con una tale risonanza e così anche le fratture tra i fondatori.
Con l’uscita del film di Besson “Yamakasi, i samurai dei tempi moderni” (2001) vi fu la prima scissione. David Belle, Stephane Vigroux e Johann Vigroux si separarono dal gruppo soprannominandosi Traceur. Questo a causa della loro visione critica nei confronti dell’approccio spettacolare dei nuovi praticanti eccitati dal film e in nome di una pratica genuina e riflessiva, volta al miglioramento di se stessi.
Lo stesso anno David Belle fu protagonista del programma “Rush Hour” della BBC, occasione in cui coniò il termine parkour per riferirsi alla disciplina, permettendone così la diffusione anche nel Regno Unito. Da quell’occasione anche David iniziò a prendere parte a iniziative commerciali grazie alle sue abilità straordinarie, come nel film District 13.
Nel 2003 i fratelli Vigroux e Foucan furono invece i protagonisti del famoso e premiato documentario “Jump London”, e proprio qui coniarono il termine freerunning. Per la prima volta veniva data al pubblico l’immagine della disciplina completa dei suoi cardini “filosofici” e fisici. Mostrando come questi due pilastri insieme alla prestanza fisica sviluppata grazie alla ripetizione, alla consistenza e alla pratica, fossero alla base di questo sport.
Next level: la prima scuola di parkour
Da questo momento iniziarono a nascere numerosissimi gruppi di freerunners in tutto il Regno Unito. Nel 2005 un altro documentario, “Jump Britain”, consolidò definitivamente il parkour/freerunning/A.D.D. come valida disciplina dell’età moderna e nacque “Parkour Generations”, la prima “scuola di parkour ufficiale”.
Nel 2008 Parkour Generations e gli Yamakasi collaborarono per sviluppare la prima certificazione ufficiale per istruttori di parkour, l’A.D.A.P.T., che divenne obbligatoria anche in Italia sotto UISP dal 2011.
Nel 2016 il parkour è stato ufficialmente riconosciuto come sport nel Regno Unito, mentre nel 2017 la FIG (Federazione Internazionale delle Ginnastiche) ha tentato di declassare il parkour come una sottodisciplina della ginnastica per inserirlo come disciplina olimpica, il tutto ovviamente a fini lucrativi e contro i principi cardine della disciplina, causando proteste in tutto il mondo.
Come andrà a finire?
Nota finale: Questo articolo nasce come sintesi di un lungo percorso di ricerca sulla storia delle origini della disciplina: è necessariamente incompleto e probabilmente contiene imprecisioni e inadeguatezze che però speriamo siano secondarie rispetto ai contenuti positivi che si è cercato di esprimere. Proprio per la sua natura rimarrà costantemente aperto e “in divenire” per cui si incoraggia qualsiasi contributo e critica (costruttiva).
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